RCS Sport, Vegni contro il Tour de France: “Pensano di fare ciò che vogliono”

I tanti problemi emersi al Tour de France 2018 non sono passati inosservati neanche agli organizzatori del Giro d’Italia. Prima la discutibile gestione del caso Froome da parte di ASO, e poi le continue difficoltà nel garantire la sicurezza agli atleti durante la gara, hanno portato diversi addetti ai lavori a storcere il naso e criticare l’operato dell’apparato organizzativo della più grande corsa del mondo. Tra questi il direttore del Giro d’Italia Mauro Vegni, che qualche mese prima si era trovato in una situazione simile a quella dei colleghi francesi, dovendo gestire  la delicata situazione riguardante Chris Froome, in attesa di giudizio per il caso salbutamolo.

Il britannico, che ASO voleva escludere dal Tour prima della sentenza di assoluzione, è tuttavia stato accolto in maniera positiva dagli appassionati italiani, che si sono potuti godere le sue gesta sul Colle delle Finestre, cosa che invece non hanno fatto i transalpini, che sin dal primo giorno hanno preso a male parole lui e tutto il Team Sky. “Il modo in cui è stata gestita la situazione Froome è stata sbagliata – ha spiegato Vegni a Bicisport– Al Giro abbiamo sempre detto che se l’UCI gli avesse permesso di correre l’avremmo atteso a braccia aperte. Se gli organizzatori di una corsa decidono chi far partecipare o meno, è come se si stessero sostituendo all’UCI e a quel punto non esisterebbero più le regole. […] Così facendo si è alzata un’aria di tensione attorno a Froome e alla Sky, che gli organizzatori hanno alimentato e sembrava che anche condividessero. A pagare alla fine è stato Gianni Moscon, per una sberla che non aveva colpito nessuno. È stato mandato a casa tra la vergogna”.

Da appassionato italiano, è stato per lui doloroso vedere andare a casa Vincenzo Nibali per un contatto fortuito con un tifoso, in un momento in cui ci sarebbe dovuta essere più protezione intorno ai corridori. “I tifosi non sono il problema, ma lo sono gli hooligans e gli ubriachi che non appartengono al mondo del ciclismo – ha continuato il direttore del Giro – Controllare la folla è sempre difficile, a maggior ragione al Tour dove c’è più gente che in qualsiasi altra corsa. Penso che sull’Alpe d’Huez ad ASO sia mancata una figura di esperienza, qualcuno come Jean-François Pescheux (ora in pensione, con ASO fino al 2013, ndr). Il punto in cui Nibali è caduto era molto critico. Se una persona d’esperienza fosse passata di là, avrebbe visto le persone al di là delle barriere, quanto la strada fosse stretta e quanto alto fosse il rischio con anche tutte quelle moto”.

Vegni concorda quindi con coloro i quali affermano che “il problema del Tour de France è la sua grandezza“. Qualcosa in più, comunque, si potrebbe fare: “Capisco quanto sia difficile gestire un evento così complesso. C’è però la sensazione che, essendo il Tour, pensano di fare quello che vogliono“.

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